Di Lorenzo Ferrari
Cosa succederà ai negozi quando la tecnologia renderà accessibile a chiunque, alle stesse condizioni, qualsiasi tipologia di prodotto?
Siamo nel 2070, anno più, anno meno.
Le automobili volano, le fonti rinnovabili sono riuscite a soppiantare i combustibili fossili e gli smartphone sono diventati superflui: oggi tutti telefonano, navigano in internet e si scambiano informazioni grazie a microchip sottocutanei che stanno eliminando il confine tra uomo e macchina.
Non solo.
Perché le stampanti 3D – o meglio, la tecnologia che le ha soppiantate – permettono ad ogni essere umano dotato di accesso ad internet di “stamparsi” un qualsiasi prodotto semplicemente scaricando dal web il file corrispondente e schiacciando qualche tasto.
La ricerca, l’innovazione tecnologica e la scoperta di nuovi materiali extra-terrestri hanno reso accessibili prodotti “perfetti” a tutta l’umanità.
Tutto questo senza dover uscire di casa, senza errori di alcun tipo e senza costi che non siano attribuibili ai canoni d’acquisto dei vari software utilizzati per rendere il tutto questo. Inoltre niente ritardi, niente resi, niente che sia attribuibile all’imprecisione umana.
Ora, in uno scenario di questo tipo, se sarò ancora vivo, avrò il piacere di domandare ai miei amici negozianti:
“Perché dovrei scegliere proprio il prodotto che vendi tu, proprio nel tuo negozio, quando posso stamparmene una copia esattamente identica e direttamente da casa?”
Una domanda di difficile risposta.
Molti obietteranno che, poiché quello descritto è uno scenario piuttosto distante, la risposta alla suddetta domanda non è importante, perché è proprio la domanda a non avere senso di esistere.
Non è così.
In primo luogo perché non è affatto uno scenario distante in termini temporali.
Del resto, in poco più che mezzo secolo l’automobile ha totalmente soppiantato il cavallo come mezzo di locomozione. In trent’anni il computer ha sostituito pesanti ed obsoleti calcolatori. In meno di dieci anni gli Smartphone e la connettività hanno stravolto completamente il nostro modo di vivere e di essere.
Ed è spaventoso notare come il cambiamento sia stato tanto più veloce quanto più sviluppata era la tecnologia presente nei vari periodi storici.
In quest’ottica è ragionevole pensare che l’universo sopra descritto non sia solo probabile, ma anche estremamente… Vicino. Almeno concettualmente.
E in secondo luogo perché la risposta a quella domanda ci permette di vestire un abito mentale molto interessante, che aiuterà chiunque abbia un negozio fisico a competere nel mercato di oggi, e soprattutto nel mercato di domani.
Quella domanda, infatti, potrebbe essere così riscritta:
“Come puoi fare in modo che i tuoi clienti ti scelgano indipendentemente dal tuo prodotto?”
Ecco, quella domanda, provocatoria e retorica, è servita ad un solo scopo: introdurre il concetto che oggi, se i negozi “fisici” vogliono competere con i negozi “virtuali” non possono farlo puntando esclusivamente sul prodotto, sul servizio o sulla cortesia.
Perché queste sono tutte – o lo saranno presto – commodities, cioè caratteristiche disponibili ovunque sul mercato.
Chiunque dotato di buon senso o buona capacità per gli affari può agire sui prezzi, abbassandoli, oppure sul servizio e sulla cortesia offerti, aumentandoli.
Ma quando tutti avranno lo stesso prodotto, agli stessi prezzi, e offriranno gli stessi servizi con la stessa cortesia di tutti?
La mia proposta per competere con questo scenario futuro è proprio quella di… Non trovarsi nella condizione di dover competere.
Che non significa arrendersi. Tutt’altro.
Significa creare le condizioni per le quali il nostro negozio, il nostro locale, il nostro ristorante, abbia delle caratteristiche differenziate e rilevanti per il nostro pubblico e ci ponga quindi come unica scelta possibile — o quasi.
La somma di queste caratteristiche differenzianti e rilevanti io la chiamo “esperienza”.
Ecco, l’esperienza offerta al cliente nel punto vendita dovrà superare – in termini di importanza – la comodità, la velocità, l’immediatezza e l’accessibilità offerte dal virtuale.
Nel mio campo, la ristorazione, questa soluzione viene già applicata con discreto successo.
Non c’è praticamente nulla di così indifferenziato come potrebbe essere il cibo. Dopotutto, una volta individuata la ricetta e acquisita la tecnica per ripeterla, chiunque potrebbe riproporre il piatto di chiunque altro.
Ma alcuni si sono “elevati” al di sopra di questa battaglia, combattendola ad un altro livello e rendendosi così immuni da attacchi di potenziali concorrenti o dal web.
Prendiamo The Fat Duck, di Heston Blumenthal, ristorante a Tre Stelle Michelin.
L’esperienza vissuta nel suo ristorante è impareggiabile, unica e a tratti irreale.
L’esperienza che si vive trascende il cibo e diventa un vero e proprio viaggio all’interno dell’enogastronomia, che coinvolge ogni senso arrivando a toccare l’anima: conchiglie dalle quali spuntano auricolari per ascoltare il suono del mare, piatti che raffigurano ricette salate ma sono in realtà dessert e caramelle gommose che in realtà sono Whisky per terminare il pasto.
Una volta terminato il percorso si esce sconvolti, stupiti, cambiati.
Come potrà, tutto questo, essere sostituito o intaccato dal mondo virtuale o dalla tecnologia?
Semplicemente non potrà, perché le caratteristiche di unicità e rilevanza sono tali da renderlo inattaccabile.
Giunti a questo punto la domanda sorge spontanea: sarà sempre possibile sfuggire alle grinfie del mondo virtuale? No. Almeno, io non lo credo.
In alcuni casi sarà inevitabile che la tecnologia e il web avranno la meglio. E se il mercato decreterà questo, sarà un bene per tutti.
Ma in tutti gli altri casi, la mia risposta sarà sempre quella: crea un’esperienza unica e memorabile, e il “virtuale” e la tecnologia tutta non saranno più un (tuo) problema.
Lorenzo Ferrari. Imprenditore nel campo della ristorazione. Gestisco e amministro tre aziende in questo campo, per le quali curo il marketing e la strategia;
Amministro e gestisco MENUENGINE, il primo servizio professionale di menu engineering in Italia. Sono l’unico studente in Europa di Gregg Rapp, il massimo esperto al mondo sul menu engineering. Scrivo per La Madia Travelfood e altre riviste dedicate alla ristorazione.